Fare il blogger è un lavoro?
Scrivo questo post soprattutto per rispondere alle mail che ciclicamente ricevo da persone che mi chiedono: “Voglio aprire un blog e guadagnarci” oppure “Voglio un blog come il tuo, come si fa?” in modo da mettere in fila un po’ di riflessioni maturate dal 2005 (anno in cui ho aperto il mio blog Panzallaria) ad oggi.
Per chiarire alcune cose sul “lavoro” ma soprattutto sull’etichetta di blogger.
Lavoro l’ho messo tra virgolette perché quello del blogger non è necessariamente un mestiere e secondo me è importante partire da qui.
I motivi per cui una persona apre un blog, oggi, possono essere tantissimi, per semplificare ecco i principali:
- desiderio di condivisione di un’esperienza o una passione;
- promozione professionale personale;
- amore per la scrittura (e la narrazione) in cerca di riscontro dagli altri: scrivere per se’ o per un pubblico è profondamente diverso;
- desiderio di guadagnare creando un network di sponsorizzazioni grazie ai contenuti pubblicati;
Chiunque può autodefinirsi blogger sia in Rete che su un curriculum, proprio per questo non basta avere un blog per essere un blogger che possa trasformare questa attività in un lavoro.
Un blog è seguito, accresce di contenuti qualitativi la Rete e può trasformarsi in un’opportunità se:
- L’architettura dei contenuti è chiara, efficace e usabile (tutti possono accedere alle informazioni di inquadramento, ai contatti, ai contenuti rilevanti, aggregare attraverso tag e categorie intuibili).
- Ogni post (articolo) è gestito con cura: il titolo deve fare immediatamente capire di cosa stiamo parlando, la scrittura è fluida e accurata, le citazioni sono provviste di link alla fonte primaria o indicazione dell’autore e del libro da cui sono tratte, i collegamenti ad altri siti funzionano, la condivisione di contenuti interessanti di altri è considerata un valore aggiunto, le immagini non sono “rubate”.
- Si tratta con rispetto i lettori e i commentatori: rispondiamo a chi ci lascia un commento, approfondiamo i legami deboli della Rete, valorizziamo i contatti creati da ciò che leggiamo e scriviamo.
- Si gestisce (anche solo una minima) pianificazione editoriale: prima di scrivere un articolo, fosse anche sull’ultima spesa fatta al supermercato, pensiamo sempre al fatto che non stiamo scrivendo solo per noi stessi, che in qualsiasi narrazione dobbiamo cercare (e comunicare) qualcosa che possa essere utile concretamente o emotivamente a chi ci legge. I blog personali che hanno successo raccontano storie in cui tutti ci possiamo identificare, ci fanno sorridere, ci fanno piangere o arrabbiare, ma comunque ci fanno dire: “Ecco è successo anche a me!” o “Potrei prendere spunto da questa esperienza!”. I blog più seguiti hanno inoltre una costanza di pubblicazione: è inutile scrivere 5 post in un giorno, preferiamo piuttosto programmare ognuno di quegli articoli a cadenza costante, in modo da coltivare la nostra “pianta digitale” e non dare a chi arriva un triste senso di abbandono. La maggior parte degli editor online per blog (penso ad esempio a wordpress) permettono la programmazione del post a giorni e orari prestabiliti, consentendoci di pubblicare anche quando siamo in vacanza o al lavoro.
Prima di aprire un blog pensiamo al perché lo vogliamo aprire. Prendiamo carta e penna, post it e matite, o apriamo un file digitale e mettiamo in fila tutti gli argomenti di cui vogliamo parlare. Se per esempio vogliamo farci conoscere professionalmente, individuiamo prima i nostri punti di forza (e anche quelli di debolezza) e cerchiamo il differenziale umano e professionale tra la nostra esperienza e quella di altri che fanno un lavoro simile al nostro.
Ad esempio
Facciamo i barman. Stiamo cercando lavoro o vogliamo inventarci un’attività in proprio (magari abbiamo appena comprato un bar tutto nostro). Abbiamo scelto di essere presenti online per farci conoscere (costa poco ed è tutto sommato facile con gli strumenti a disposizione). Il mondo è pieno di barman. La parola, da sola, significa molto poco. Esattamente come tutte le altre etichette professionali (tra cui l’abusato “blogger”).
Facciamo una lista di quello che abbiamo imparato negli anni di attività, di ciò che ci riesce meglio, di come abbiamo aggirato errori, di quali sono i nostri gusti e di quali sono i nostri obiettivi professionali da lì a un paio d’anni (Fare arrivare gente nel nostro bar? Essere assunti nel migliore pub della città? Trasferirci su una spiaggia in Brasile e realizzare un’idea che per il momento è solo un sogno? Diventare degli esperti Sommellier contattati dalle maggiori riviste del campo per scrivere articoli sul tema?) . Facciamoci tante domande e diamoci delle risposte. Mettiamo nero su bianco le nostre esperienze (anche quelle apparentemente inconciliabili) e cerchiamo il fil rouge che le lega. Troveremo così il differenziale tra noi e gli altri. Quando abbiamo le idee un po’ più chiare su dove vogliamo muoverci, facciamo un’analisi di quello che c’è già online, se esistono prodotti editoriali simili o se possiamo creare un valore aggiunto che possa interessare qualcuno.
E non dimentichiamoci mai che quella del blog è un’esperienza sempre in progress.
Come si trasforma il blog (o l’essere blogger) in un lavoro?
Premetto che “uno su mille ce la fa”. E’ importante dirlo, perché ci sono troppi luoghi comuni e falsi miti intorno a questa cosa del blogger che diventa ricco.
Quante Chiara Ferragni conoscete?
Un blogger può scegliere di scrivere post sponsorizzati (molte aziende contattano i blog più seguiti per chiedere recensioni o in cambio di prodotti o in cambio di soldi) ma deve sempre valutare quello che sta facendo: i post sponsorizzati sono coerenti con il tema e il tono del nostro blog? Scrivere molti post pubblicitari può ledere la serietà del nostro blog? Qual è la cifra giusta che bisogna chiedere?.
Un blogger può decidere di inserire banner pubblicitari nel proprio spazio: vale lo stesso discorso di sopra, cercare sempre di mantenere coerenza con la propria etica professionale e non abusare dell’attenzione di chi ci segue. Troppi banner confondono la lettura e risultano abbastanza invasivi.
Un blogger può decidere di usare il proprio blog per narrarsi online, farsi conoscere e apprezzare ma solo come curriculum online continuamente aggiornato: un bell’articolo sull’ultimo cocktail realizzato (magari anche con ricetta e foto inclusa) può portarci a medio e lungo termine delle soddisfazioni. Noi condividiamo ciò che sappiamo e stiamo imparando, in cambio si potrebbero creare delle opportunità grazie all’autorevolezza conquistata. Magari tra sei mesi scriveremo su una rivista online dedicata agli aperitivi e verremo pagati per farlo proprio grazie a quello che abbiamo dimostrato di saper fare, raccontare (e condividere!) sul nostro blog.
Anche in questo caso, attenzione alle proposte “imbarazzanti”: forse non ci chiederanno di spogliarci, ma di lavorare sottopagati probabilmente si. Se decidiamo di accettare di scrivere per pochi euro, ricordiamoci sempre che aumentare il nostro valore monetario sarà molto faticoso!
In linea generale, come per tutte le attività che vogliamo trasformare in qualcosa di professionale, anche quella del blogger richiede studio, auto formazione (prima di chiedere ad altri consigli o consulenze con mail generiche magari consultiamo la Rete e appuriamo che non esista un tutorial online ad hoc), pratica e impegno costante.
E quando abbiamo finito di fare questo, rileggiamo 2 o 3 volte quello che abbiamo scritto per eliminare refusi, frasi che girano male o foto sfuocate: piccoli dettagli che parlano della cura che mettiamo in tutto, in primis nel nostro lavoro.
Alcuni articoli interessanti dedicati al blogging che ho letto online:
- Blogger in Italia, chi sono e di che cosa si occupano
- The perfect blog post
- L’importanza di essere un link
- Lo storytelling viene da lontano e oggi si avvicina alle Imprese
[Questo post è generico: sono tanti gli elementi da approfondire, ma sarebbe poco serio da parte mia mettere tutto in un unico articolo ;-)]