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Genitori e adolescenti: fare Rete insieme

Il 37,2% della popolazione italiana non si è mai connessa ad Internet. Un dato che fa riflettere se accompagnato da quello che in Europa:

gli italiani detengono la più alta frequenza di accesso (oltre il 91% accede regolarmente ogni giorno, mentre la media europea è del 79%)” e in cui le classi di età che più hanno usato internet nell’ultimo anno sono quelle comprese tra i 15 e i 19 anni.

[fonte Orizzonte Scuola da  Agcom]

Il 71% delle connessioni nel nostro paese avviene in famiglie con un minorenne.

Dati del genere sembrano indicare un trend: il divario digitale tra adulti e adolescenti è più alto che in altri Paesi ma l’uso delle tecnologie da parte di chi le ha introiettate è massiccio.

Nel mio lavoro di formatrice ho constatato un cambio di rotta, negli ultimi 2 anni: sempre più adulti vogliono capire cosa e come i propri figli usano i device (lo smartphone prima di tutto) e come stanno online. I sentimenti dei genitori nei confronti della presenza online dei figli sono contrastanti e senza mezze misure, si passa da una vera e propria paura che il web possa costituire un pericolo (prima di tutto per le frequentazioni, ma anche per il tempo che i figli passano online) a una sostanziale estraneità rispetto al fenomeno. Molti ragazzi, in particolare preadolescenti, accedono alla Rete e ai Social Network presto, con l’avvallo dei genitori e non devono seguire nessuna regola familiare per l’utilizzo degli smartphone, dei tablet e dei Social Network.

Conosco persone che hanno deciso di aiutare il proprio figlio ad aprirsi un profilo su Facebook, prima dei 13 anni, età in cui la policy della piattaforma permette l’iscrizione. Dichiarano di monitorare l’uso che il figlio fa della propria bacheca e i contatti, ma di fatto ne hanno avvallato una prima e apparentemente innocua “infrazione”, perché la data di nascita dichiarata è diversa da quella reale.

Ci sono poi i genitori che ammettono di non avere un buon rapporto con le tecnologie e in particolare con Internet, si sentono decisamente meno esperti dei propri figli e hanno deciso di lasciare loro carta bianca.

Quando, durante uno dei miei corsi, chiedo agli adulti se hanno dato regole d’uso ai ragazzi, molti si giustificano dicendo che non sapendone nulla, non si sentono adeguati a dare regole e che comunque, proprio perché l’accesso a internet è dislocato tra molti dispositivi, per lo più mobili, pensano che sia impossibile darne di efficaci.

Non sono così convinta che i nativi digitali ne sappiano più di noi in toto. Sono naturalmente predisposti ai veloci cambiamenti tecnologici e d’uso, sono propensi a provare e a sperimentare piattaforme e tecnologie molto più rapidamente, ma l’aspetto tecnologico, nell’uso della Rete c’entra solo fino a un certo punto.

Oggi il web, grazie ai Social Media, è uno strumento prevalentemente relazionale e identitario insieme.

Può diventare un’occasione creativa per i nostri figli e anche per noi, così come ugualmente può trasformarsi in un’enorme perdita di tempo.

Credo che il salto culturale che la mia generazione (e quelle prima di me) deve fare è pensare alla Rete come a uno strumento ATTIVO: non è la televisione, non basta dire che va usata con moderazione, bisogna imparare a usarla bene perché può trasformarsi in un’opportunità.

In quest’ottica, prima di invocare un uso positivo della Rete da parte dei nostri figli, dobbiamo essere noi i primi a trovare la giusta via.

Capire che il web (anche quello sociale) non è fatto solo di gattini o petizioni su Facebook, ma anche di strumenti di condivisione di saperi e messa in circolo di creatività. Imparare a discernere tra il significato di “amicizia” per come viene inteso sui social network e il significato più profondo della relazione con gli altri.

Siamo nell’era della narrazione collettiva, imparare a usare strumenti efficaci per narrare progetti, idee, professioni potrebbe essere un buon modo per appropriarci di un modo, nostro, di usare la Rete e per condividere con i nostri figli quello che impariamo, impararlo insieme e grazie a loro.

Ci sto pensando da molto tempo, credo che solo in una co-creazione di idee, progetti, contenuti tra le generazioni, si possa invertire un trend che blocca l’innovazione umana e sociale del Paese, innovazione che non passa solo dal digitale ma che non può certamente prescinderne.

Donne, lavoro, discriminazione

Domani sera alle 22.30 circa sarò ospite, a Bologna, di Salotto Precario, alla Festa Provinciale dell’Unità del Parco Nord per affrontare il tema delle discriminazioni sul lavoro lette in chiave femminile:

VENERDÌ 10 SETTEMBRE, ore 23.00

DISCRIMINAZIONE: NEL LAVORO E NON SOLO

Salotto Precario sulle discriminazioni, con particolare riguardo al punto di vista precario e femminile

Con contributi di Daniela Bortolotti, Francesca Rossi, Francesca Sanzo (network Donne Pensanti) e tante altre.

E’ un’occasione di confronto e per riflettere su un tema complesso e stratificato. Io ho scelto di partire dalle testimonianze raccolte in community per cercare di individuare elementi comuni alle molte donne che hanno partecipato all’inchiesta. Con le socie fondatrici di Donne Pensanti e dialogando con Stefania Boleso abbiamo anche pensato a qualche proposta per le Istituzioni e per agire attivamente, come donne, sul problema.

Ma il contributo vero lo daranno tutti coloro che vorranno partecipare alla serata, con racconti, riflessioni, punti di vista.

Vi aspettiamo domani e ringrazio Daniela Bortolotti per avermi voluta invitare.

Colgo l’occasione per ringraziare anche Eloisa Morra che ha ritenuto interessante intervistarmi per Cronache Laiche. Ne è uscito un articolo che riassume obiettivi, presupposti e storia di Donne Pensanti. Grazie!