Sulla scrittura autobiografica: suggerimenti per scrivere, idee, libri, ispirazioni. Dentro la scrittura autobiografica: alcuni contenuti scelti di narrazione autobiografica

Paolo Cognetti: autobiografia di uno scrittore e di un lettore

Paolo Cognetti firma "Le otto montagne"

Sabato scorso Paolo Cognetti – vincitore dell’ultimo Premio Strega – è arrivato a Bologna per presentare il suo Le otto montagne. Sono una grande estimatrice di Cognetti di cui, ancora prima di questo meritato successo, avevo letto le raccolte di racconti e un saggio illuminante sulla pratica della scrittura, A pesca nelle pozze più profonde, che cito sempre durante i miei corsi.

Anche se l’ho saputo all’ultimo secondo, mi sono catapultata all’Archiginnasio, una delle biblioteche più suggestive che abbiamo in città. C’erano almeno 200 persone e chi non aveva trovato posto a sedere come la sottoscritta, è rimasto comunque. Era tanto tempo che non ascoltavo una lectio magistralis come la sua, un lungo e appassionato racconto di come è arrivato alla lingua delle Otto Montagne e di come si è formato la propria cultura di lettore e scrittore. A gambe incrociate, seduta per terra, ho scarabocchiato qualcosa sul mio quaderno per tenere traccia di parole preziose, suggerimenti e citazioni: provo a fare una sintesi per condividere con te qualche spunto.  Continua a leggere

È così importante sapere se un libro autobiografico è vero? A margine del Premio Strega

Una delle cose che possono succedere quando si scrive un libro autobiografico, è che le persone pretendano (o suppongano) che chi scrive incarni il libro. Sempre. Se poi in quel libro ci metti pezzi di storia italiana (li infili a tradimento o esplicitamente, ammantandoli del dubbio o lasciandoli scorrere come fossero cosa indiscutibile), li condisci con la descrizione di un’infanzia nel lusso e ci infili tutte le tue ipocondrie, ecco che il mix bomba divide i lettori in chi commenta la qualità del testo e in chi giudica la persona, pensando di conoscerla attraverso ciò che ha scritto.

Sto seguendo con interesse “il caso” Teresa Ciabatti, che con La più amata, il suo ultimo romanzo (memoir a metà strada tra finzione e autobiografia) è arrivata seconda al Premio Strega 2017. Mi interessano i commenti, la trafila di critiche  e tutto ciò che sta intorno al testo e che l’autrice stessa dissemina online e in interviste a riviste e a quotidiani.  Continua a leggere

Scrivere è un lavoro: l’organizzazione di una giornata

Ho iniziato il mio quarto libro. Questa volta si tratta di un manuale e in particolare è un manuale dedicato alla scrittura autobiografica, tema che sto approfondendo, studiando e intorno al quale tengo corsi e workshop per persone, professionisti e organizzazioni.  Quest’inverno è stato un periodo intenso per me, finalmente il lavoro comincia a girare, sono molto focalizzata sui miei progetti e sono felice di poter dire che sto realizzando tante idee cui tenevo molto: mi sento fortunata ma anche grata alla mia testardaggine e disciplina. In questa abbondanza, ho sentito però la mancanza della scrittura – il mio grande amore. Ho coltivato alcune idee e appunti ma non ho potuto mettermi al lavoro come avrei voluto, troppo spesso in azienda o in qualche luogo a fare formazione intorno alla comunicazione digitale. Da un po’ volevo scrivere questo manuale (niente di pretenzioso, si tratta di esercizi, stimoli di lettura, riflessioni per usare la scrittura autobiografica per sé, per comunicare online e per scrivere racconti) e da un po’ ho nella testa anche un libro di narrativa. A primavera ho così deciso che – per la prima volta nella vita – mi sarei presa tutta l’estate per il mestiere del cuore.  Continua a leggere

carte intuiti

Scrivere e creare grazie ai tarocchi e alle carte creative

Dopo 2 libri autobiografici e uno sul narrarsi online, 12 anni di blog in cui faccio personal storytelling e una montagna di post nomadi sui social media, ho deciso di trasformare quello ho imparato in un workshop e corso di scrittura autobiografica, per chi ha voglia di imparare a scrivere di sé per farsi leggere. La prima stagione, iniziata a ottobre scorso, l’ho dedicata alla scrittura narrativa a mano, alla struttura del racconto e il corso avanzato ha esplorato i racconti in condominio ma da un po’ coltivo un’idea che nasce da un’antica passione per i tarocchiContinua a leggere

Quando scrivi un racconto, hai sempre un messaggio

Tutte le storie contengono un messaggio, quasi fossero un biscotto della fortuna.

Ieri sera è partito il corso monografico di scrittura autobiografica, scrivere un racconto autobiografico che quest’anno ha come tema le Storie autobiografiche in condominio. 

Bello tornare in quel posto piccolo e accogliente che è la bottega Risalto, nel centro di Bologna, in mezzo agli oggetti creati dall’ingegno delle artigiane che fanno parte dell’associazione. Bello incontrare di nuovo alcune delle persone che hanno partecipato alle 3 edizioni del corso di scrittura autobiografica a mano di base e che – ancora una volta – hanno scelto di giocare con le storie, di scegliere parole, di leggere e di scrivere insieme.  Continua a leggere

Scrittura autobiografica: perché partecipare a un corso o workshop

Sono passati alcuni mesi da quando ho iniziato l’esperienza dei corsi e workshop di scrittura autobiografica a mano e da quella prima lezione, a Bologna, alla Bottega artigiana Risalto, il modo in cui sviluppo e gestisco il laboratorio e l’idea che avevo, quando l’ho progettato, si sono evolute moltissimo. 

Fare formazione non è mai un lavoro passivo e in modo particolare, quando si tratta di animare circoli in cui si sviluppano idee creative e si aiuta le persone a mettersi in gioco, l’attività riguarda sempre tutti, me compresa.  Continua a leggere

Comunicazioni scolastiche che non comunicano

C’era scritto “Dettare sul quaderno delle comunicazioni con la famiglia“, noi ne abbiamo avuta una copia e quando, stamattina, ho iniziato a leggere l’avviso che mia figlia avrebbe dovuto riscrivere sul quaderno, sono stata contenta che non abbia dovuto farlo. 

Sono laureata in Lettere, scrivo per mestiere e per passione, leggo tantissimo eppure ci ho messo un po’ per comprendere il significato delle frasi, per capire il senso del messaggio. Continua a leggere

Tornare a Torino: di libri e memoria

 

A TORINO, I MIEI APPUNTAMENTI PUBBLICI

Dieta, movimento e salute: sabato pomeriggio

Sabato 21 gennaio 2017 mi hanno invitata a Torino, in Corso Francia 19 bis/f, Istituto di Medicina integrata per partecipare a un incontro gratuito e aperto a tutti: DIETA, MOVIMENTO E SALUTE: RIPARTIAMO ALLA GRANDEdalle 16 alle 18,30. Oltre a me, all’evento partecipano la dottoressa Paola Lusardi, cardiologa, con un intervento dal titolo “I consigli di un cardiologo ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, orientandosi tra scienza, realtà e bugie”, la dottoressa Marta Pareschi, nutrizionista: “Una sana alimentazione per un corretto stile di vita”.  Continua a leggere

parole

La teoria delle parole piene: un augurio per il 2017

L’augurio che faccio a me stessa, ma anche a te, per il 2017, è quello di sforzarmi di usare parole piene, parole che hanno significato e sono mie (e non di altri) e di lavorare su quelle vuote per cambiarle. Voglio accettare sempre il fatto che potrei non essere capita e il contesto in cui mi muovo. 2017 è un numero primo: un ottimo nuovo inizio per esercitarsi a migliorare!

Adesso ti racconto come è nata la mia teoria delle parole piene e come voglio applicarla. Continua a leggere

Facciamo uscire la creatività dalla tomba per lavorare e vivere meglio

C’era una volta la creatività.

Era il tempo in cui – bambini – a qualcuno piaceva disegnare come fa mia figlia che dice che da grande farà l’architetto.

Qualcuno leggeva tantissimo e scriveva delle storie e allora, nel libro di Piccole Donne, aveva trovato il suo destino: come Jo si sarebbe tagliata i lunghi capelli forse, ma prima o poi avrebbe guadagnato dai suoi libri. 

C’erano pittori, viaggiatori, scienziati straordinari, bambini che aggiustavano biciclette e inventavano pozioni, fotografi e reporter e scalatori di montagne altissime. 

Era bello dire “Da grande farò” e mettere le mani nelle cose, costruire mondi con i lego, fare vivere alle bambole avventure straordinarie: tutta quella creatività ci faceva sentire vivi, potenti, pieni di strade davanti a noi. Crescendo, i nostri desideri, le inclinazioni verso la creatività sono state il modo in cui abbiamo conosciuto il mondo, lo abbiamo sperimentato e ci hanno reso meno spaventati, nella scoperta di tutto quello che non potevamo dominare, come nei piccoli mondi infantili che ci eravamo costruiti. 

La tomba della nostra creatività

Poi però è arrivato il giorno – perché arriva per molte persone – in cui qualcosa si è spento: la parola creatività, un termine colorato, pieno di potenzialità, è diventata grigia, un vocabolo di pietra che ha smesso di appartenerci.

È arrivato il giorno in cui alla maggior parte di noi è venuta vergogna di quel tempo in cui avremmo voluto diventare architetti, scrittori, pittori, fumettisti, esploratori e scienziati. 

Probabilmente è successo quando ci hanno spiegato che “Con i libri non si mangia“, “Non perdere tempo con le tue fantasie e pensa a farti un futuro professionale!“, “Non sei abbastanza bravo a (…) figurati se potrai vivere della tua creatività!“. Probabilmente per qualcuno è stata roba di un attimo, un colpo secco e via, per altri si è trattata di una lunga agonia, una malattia che invade un pensiero e poi si estende a tutto il corpo, fin quando non si opta per un dignitoso suicidio assistito. 

La creatività è MORTA, o almeno così abbiamo voluto credere. 

Non le abbiamo più lasciato posto nella nostra vita, non le abbiamo concesso spazio, se non per portare fiori al sepolcro, nella memoria della nostra vita passata. 

Il lavoro: niente fantasia, niente creatività, tanto a cosa mi serve?. 

Il tempo libero: sono così distrutto dopo una giornata in ufficio che l’unica cosa che desidero è piazzarmi sul divano. Mi leggo un bel libro ma duro 5 minuti, prima di addormentarmi. 

La creatività ha a che fare con la percezione della nostra capacità di apprendere

Brené Brown in La forza della fragilità racconta che tra le interviste che ha fatto, molte delle persone che nella propria vita si sono sentite umiliate, hanno ricondotto questo sentimento a un evento specifico accaduto negli anni della scuola, durante il quale un professore o qualcuno di “autorevole” ha cambiato per sempre la percezione della loro capacità di apprendimento dicendo che non erano abbastanza bravi a scrivere, disegnare o suonare. L’autrice americana la chiama la “cicatrice della creatività”. 

A me è successo in I liceo: la mia professoressa di Italiano, al contrario dell’insegnante del ginnasio, mi disse che i miei temi valevano molto poco perché ci mettevo più fantasia che notizie e che per scrivere bene bisogna concentrarsi sulle notizie. Io avevo il mio stile personale, ogni volta che scrivevo qualcosa cercavo di sperimentare punti di vista diversi (anche nelle recensioni) e lei trovava questa mia ricerca un “vezzo” di cui dovevo ripulirmi. Al ginnasio ho collezionato molti 9 e alcuni 10 che si sono trasformati in un 5 (o sufficiente stentato) al liceo, uccidendo ogni mia velleità scrittoria per molto tempo. 

Eppure, se ci pensi, il fatto che qualcuno non abbia riconosciuto i nostri meriti non li rende meno validi: è anche quello un punto di vista. 

Il fatto che qualcuno non riconosca i nostri meriti creativi non dovrebbe rendere meno bello fare ciò che amiamo. 

Perché poi, che cos’è la creatività se non la realizzazione fisica di qualcosa che è dentro la nostra mente? 

A un certo punto bisogna ripulirsi dello stereotipo secondo cui della creatività (o dell’aspirazione alla creatività) ci si debba vergognare.

A un certo punto bisogna smettere di raccontarsi come persone “mediocri” o che non hanno tempo per certe sciocchezze. 

La creatività: uno strumento per le persone e le aziende

Hai mai provato a usare la carta e la penna per scrivere – di getto – quello che senti rispetto a un contesto professionale o a una situazione relazionale?

schermata-2016-11-17-alle-13-04-29Hai mai provato a lavorare con le mappe mentali e i colori? 

Ti sei mai concesso una passeggiata, alla fine di una riunione di lavoro, per lasciare che le gambe dettassero il ritmo dei pensieri e facessero emergere quelli più importanti? 

Le persone che incontro in azienda o durante i miei workshop hanno tutte in comune una cosa: desiderano imparare, desiderano mettersi in gioco ma fanno molta fatica a farlo “liberamente”. Sia che parli di comunicazione e scrittura per web e social media, sia che parli di scrittura autobiografica, molti temono di “non essere all’altezza”, di non avere niente da dire o peggio che il corporate storytelling debba essere per forza un racconto piatto, istituzionale, lontano dall’emozione. 

La creatività e la sua tomba. L’emozione e la sua negazione. 

Ecco, personalmente sono convinta che se ognuno di noi si immergesse, ogni tanto, nel bambino creativo che è stato, tutto questo ne avrebbe un grande vantaggio per la vita personale ma anche per la propria realizzazione professionale. 

Facciamo uscire la creatività dalla tomba, lasciamo che prenda aria e torni a vivere: non serve avere un libro sugli scaffali di una libreria per decidere di cominciare a scrivere e a comunicare. Non dobbiamo essere dei manager rampanti per decidere che possiamo valorizzare al massimo le nostre passioni anche in contesti professionali. 

La creatività è democratica, facciamo in modo che lo siano anche i nostri pensieri. 

Io posso testimoniare come non sia mai troppo tardi (a me è successo a 40 anni) per capire come la creatività può diventare un potente strumento per stare bene e lavorare.

Basta portare fiori su una tomba, scoperchiala, guarda come si è trasformata la tua creatività, fai pace con la percezione di te e ricomincia a giocare! A casa e in ufficio.