Vi ricordate la Omnitel, tutto intorno a te, Megan Gale e il logo verde di una delle prime compagnie telefoniche mobili che abbiamo avuto in Italia?
Vi ricordate cosa è successo, nel 2000/2001 circa, quando arrivò mamma Vodafone e decise di inglobarla?
Nel 2000 (o forse era il 2001, non so, è stato un percorso abbastanza lungo), la Omnitel ha cominciato a mutare il suo logo e la sua comunicazione e dalla scritta verde si è passati a un logo che conteneva anche il Vodafone rosso: piano, piano è sparito il nome, Megan è diventata mamma ed è uscita dai sogni erotici (e dalle televisioni) degli italiani e noi abbiamo dimenticato che all’inizio erano Telecom contro Omnitel, invece che Tim, Vodafone, Wind, eccetera, eccetera.
Ecco, ci sono momenti nella vita delle persone e delle aziende in cui si è lì in mezzo, bisogna gestire un passaggio di percezione (propria o degli altri) e comunicare sembra difficile perché tutti sono abituati a sentirti dire e fare delle cose, mentre tu hai una visione e sai che ne devi dire e fare delle nuove, oppure sei un’azienda che è cresciuta (o vuole crescere) e ha deciso di spingere su un progetto preciso invece che su tutto quello che ha fatto fino a quel momento.
Il momento Omnitel capita ed è sicuramente un bene: significa che stai evolvendo, che stai mutando.
Il momento Omnitel capita ed è faticoso: tu pensi delle cose di te o del tuo lavoro, ma in realtà sei già diverso, oppure – anche quando tu sei molto lucido e focalizzato – sono gli altri ad averti messo un’etichetta e ti tocca cambiare posizionamento senza che sia troppo traumatico per nessuno.
In questo periodo ho portato la Omnitel come esempio a un paio di clienti che stanno vivendo una (felice) trasformazione o sanno che devono compierla e che sto aiutando a trovare una nuova direzione della propria comunicazione.
Questi clienti stanno lì in mezzo, nella fase in cui c’è un logo che non è né carne né pesce, che non può abbandonare il vecchio percepito ma deve presentare tante novità: un po’ mette paura ma è anche molto sfidante.
Mi è venuto in mente che, a ben guardare, anche io sono lì in mezzo: dal punto di vista della me professionale e della me autrice stanno succedendo tante cose belle ma ancora fatico ad abituarmi alla nuova dimensione del mio lavoro, alle opportunità, ai limiti.
Pensare alla Omnitel mi mette tranquilla: è normale, tutto il caos che sento è normale, la paura di non farcela è normale, la sensazione di avere troppe direzioni aperte è normale, ché non si può sopravvivere per sempre con un logo con dentro 2 colori e 2 nomi, ma c’è un momento, un momento preciso nell’esistenza di persone e aziende, in cui occorre, necessariamente, sopportarlo.