Donne e lavoro: qualche dato sulla situazione italiana
Si avvicina il 15 ottobre e l’evento Le nuove professioni delle donne e per l’occasione sul Magazine proporremo diversi approfondimenti legati al rapporto donne e lavoro e in particolare alle professioni tecnologiche. Per un caso fortuito, proprio la settimana scorsa la rivista Internazionale ha dedicato l’articolo di punta a Sheryl Sandberg, che si occupa del Business di Facebook e che è molto attenta alla questione di genere.
Le grandi aziende del web e dei Social Media sono a conduzione a maggioranza maschile e le donne – che in Italia, per esempio, rappresentano quelle che più di tutti usano la rete (vedi rapporto Nielsen 2011) – rimangono nelle retrovie.
Motivo? Potremmo parlarne ore. Potremmo dire che i pregiudizi secondo i quali i lavori Hi-tech sono appannaggio maschile faticano a morire. Potremmo parlare di questioni culturali, ma dobbiamo sottolineare anche un dato su cui Sandborg fa ben riflettere, ovvero il diverso approccio delle donne nei confronti della carriera e della rappresentazione del se professionale. Mentre gli uomini sanno proporsi, le donne brave “vanno stanate”, faticano a emergere in autonomia per quel senso di inadeguatezza atavico che ci rigetta nelle retrovie, pur avendo tutti i numeri per essere in testa.
Il web invece offre l’opportunità di essere una piazza virtuale in cui farsi conoscere, gestire il proprio profilo con efficacia e promuovere la propria attività professionale. Non panacea di tutti i mali e nemmeno sicura via di guadagno, sia ben inteso, ma certamente luogo dove si può fare personal branding e costruire la propria identità digitale in maniera trasparente e sociale.
Ma veniamo alla situazione in Italia.
L’ultimo rapporto Istat (primo trimestre 2011) ci dice che le donne occupate in Italia sono il 46,4% a fronte del 67,7% degli uomini. Sono le donne del Mezzogiorno quelle che vincono la maglia nera con un 44% di disoccupazione.
Inquietante sapere che ci sono moltissime persone inoccupate e di queste, la maggioranza è rappresentata dagli “scoraggiati”.
C’è un altro dato per il quale l’Italia risulta molto al di sotto dei parametri fissati a Lisbona, ovvero la differenza salariale tra uomini e donne. Su questo dato Genio Donna ha elaborato un interessante report (pdf) che evidenzia come a parità di posizione, gli uomini guadagnino nettamente più delle donne. Il differenziale colpisce soprattutto le “fasce alte”, ovvero le posizioni manageriali.
E’ chiaro che la situazione italiana (ma in questo non siamo gli unici) è emblematica di come la parità salariale e di opportunità tra donne e uomini non sia affatto raggiunta. C’è molto da fare e deve essere fatto dalle Istituzioni ma anche da noi, per un cambiamento culturale profondo degli uomini e delle donne.
Interessante (e scoraggiante) panoramica. Di certo come viene accennato nel post, si tratta non solo di un problema di quantita’ e quindi di presenza delle donne nel mercato del lavoro, ma anche di qualita’ delle condizioni di lavoro delle donne, per cui tra problemi di conciliazione, differenza salariale, etc etc e’ facile scoraggiarsi e rinunciare del tutto, con una perdita di talenti femminili che danneggia la condizione femminile in particolare ma anche la situazione economica del paese in generale.
Io aggiungerei, a proposito del Sud, che il problema è che molte donne non sentono la ricerca di un lavoro come prioritaria per la propria vita.
Lo dico da donna del sud. Il condizionamento culturale è forte.
E’ purtroppo una mentalità diffusa ovunque. Quante volte sentiamo dire che bisogna dare alle donne un’opportunità perché uno stipendio solo non basta?
Una donna non può forse voler lavorare perché questo la realizza? E basta?
Molte ragazze pensano al lavoro come a un’opportunità per distrarsi dalle incombenze di casa. C’è ancora molto da fare.
Forse è il momento di cominciare a parlare anche con le più giovani.