Baciamoci molto, con utopia più che disincanto
Bologna nell’incanto di Arte Fiera, domenica di sosta tra una nevicata, un’esondazione del Reno e tantissima umidità: a pochi passi da via d’Azeglio dove le luminarie di Lucio Dalla cantano su chi cammina in centro, eccoli lì, seduti su una panchina a baciarsi come non ci fosse domani.
Corpi appiccicati, mani che toccano i corpi dell’altro per sentire la presenza assoluta del momento, come per dirsi “Siamo qui”, per respirarsi e riempirsi il naso di rimescolone.
Hanno gli occhi chiusi i due baciarellisti anonimi, abbandonati nella loro bolla di intimità.
Si mangiano, si annusano, si entrano dentro, fanno mulinelli di lingua, non si staccano, come se il mondo non esistesse, come se ci fosse solo la baciarella sublime che ti pianta contro i portoni della vita, che fa sentire la sua urgenza.
Non hanno 15 anni e nemmeno 20, i loro capelli sono imbiancati, le rughe profonde, di chi ha vissuto.
Accanto a loro un gruppo di adolescenti ride sguaiatamente: loro non si spostano di un centimetro dal corpo l’uno dell’altra.
Io non resisto: scatto una foto e se non fosse per non disturbarli, vorrei andare da loro, abbracciarli, ringraziarli, costruire un monumento di parole.
Perché sono commossa, perché tanta bellezza riempie l’atmosfera, ferma l’orologio dell’albergo, fa rabbrividire di eccitazione la statua nuda lì accanto che li guarda a braccia conserte.
Perché basta con il cinismo e la disillusione.
Perché dei baci come quelli sono benzina.
Perché l’amore è sfacciato a qualsiasi età.
Perché il desiderio fa tremare la pelle ed è elettricità e se le labbra di due così si avvicinano abbastanza per sentire la scossa, allora non può che essere baciarella.
Perché non ne posso più di sentirmi dire “Adesso vedi te, il mondo è pieno di bari e bugiardi che vogliono solo cogliere il tuo frutto proibito e poi spariscono prima che te ne accorga!” come se questo mi potesse aiutare ad affrontare con slancio il futuro.
Non voglio il disincanto.
Non mi interessa sapere se i miei baciarellisti sono esibizionisti, prostituti, fedifraghi o che altro.
Non mi interessa sapere quanto durerà, quanto può durare, non mi interessa chiedermi a cosa stiano pensando in questo momento perfetto di passione, libertà, volo in mezzo alla città.
Non mi interessa conoscere tutte le vostre storie d’amore sfigate, come se non fossimo tutti figli, fratelli, ex fidanzate di storie sfigate che ci hanno creduto, perché c’è sempre il momento di crederci, il momento di amare, di stare dentro alle cose e poi forse, delle volte, c’è il momento della fine ma non per questo dobbiamo crederci meno.
Tanto poi lo sapete anche voi, la volta in cui vi dite che adesso basta, non mi innamoro più, vi ritrovate ad appuntamenti con il destino che non sapevate di avere e allora ricomincia tutto, tornate tutti a dire per sempre, anche quando pensavate che per sempre non sarebbe mai più stato per sempre.
C’è ancora chi si legge favole al telefono nelle mattine di inverno, c’è ancora chi si dice amore, chi si fa amore, chi sa ridere l’uno dell’altro e si dà appuntamento sui balconi del mondo per fare la baciarella, senza stare tanto lì a costruire muri d’età, esperienze, disincanti modaioli, disagi da social network.
E non è tanto e solo una questione di innamoramento e amore, quanto di slancio vitale verso sé stessi e gli altri: quella piccola magia che è la vita da vivere. Sempre e comunque.
Baciamoci molto, con utopia più che con disincanto.
Baciamoci tanto, baciamoci molto, baciamoci ovunque, baciamoci a qualsiasi età.
Disegniamo la mappa della baciarella, mettiamo dei segnaposti sulle panchine, nei parchi, dentro le case e torniamoci spesso con la mente in quei luoghi .
Siamo equilibristi senza la rete: facciamocene una ragione.