4 consigli per sopravvivere alle narrazioni sociali degli altri e trasformarle in un valore
La nostra dieta digitale oggi è composta di quello che raccontiamo di noi e di quello che leggiamo intorno a noi: amici, followers e persone che ammiriamo e di cui seguiamo suggestioni e gesta. Ogni tanto – anche ai “migliori”, quelli più centrati – capita però di sentire un lieve disagio nell’accorgersi di quanto siano splendidamente attive le vite narrate altrui.
Il disagio si trasforma a tratti in ansia, l’ansia può diventare fonte di stress e – talvolta – di immobilità.
“Ma come fa Tizio a concretizzare sempre ogni cosa che fa?” “Ma quanto è in gamba Caia?” “Perché io non riesco a dimagrire come ha fatto Pinca?” “Ma quanti libri legge Pallo? Io non so dove riesca a trovare il tempo!” sono solo alcune delle domande, che – non nascondiamolo – ci siamo fatti tutti, almeno una volta nella nostra vita digitale.
La percezione del nostro valore passa da sempre anche attraverso il confronto con gli altri, dunque se il confronto è quotidiano, il rischio è di rimanere invischiati in una continua ansia da prestazione.
Come trasformare questo senso di inadeguatezza in motore positivo?
- Nei momenti di maggiore stress, quando ci sembra di avere la mente affollata da mille progetti e impegni, spegniamo l’interruttore delle notifiche e concentriamoci su quello che dobbiamo fare, senza disperdere attenzione sui social media. Prendiamo carta e penna e mettiamo in fila le “urgenze” per capire quali lo sono veramente e quali no e focalizziamo i nostri obiettivi. Ragioniamo step by step, a testa bassa, senza farci distrarre da un multitasking che in questo momento può essere solo dannoso.
- Le narrazioni degli altri ci sembrano talmente positive da risultarci quasi finte? Evitiamo di scrivere post stizziti su Facebook in cui ribadiamo che “Siete tutti molto più fighi di me, a leggere i vostri post!” perché di solito hanno solo l’effetto di farci sembrare dei “rosiconi”. Proviamo a riflettere sul fatto che chi si narra in maniera efficace, di solito lo fa consapevolmente e sceglie cosa scrivere in base alla sua personale linea editoriale (e tutti, ma proprio tutti, ne abbiamo una, anche se non lo sappiamo!) e diamogli un po’ di fiducia: non è detto che le scelte degli altri debbano essere anche le nostre ma di sicuro c’è sempre qualcosa da imparare, analizzando come scrive quel nostro contatto e quale tipo di feedback riceve da chi lo segue.
- Quali sono i nostri punti di forza? Se Pallo parla sempre dei libri che ha letto e lo fa in maniera accurata, forse quello è il suo punto di forza, non è detto debba essere anche il nostro. Che cosa – nel flusso delle narrazioni che si intrecciano sulla nostra bacheca – possiamo offrire di generativo? Quali contenuti ci differenziano dagli altri? Partire da queste domande è forse il modo migliore per definire l’asse attorno al quale costruire un modello di narrazione che ci stia comodo come quel paio di scarpe che indossiamo con tanto piacere!
- Guardare le foto degli altri ci fa sentire insignificanti? Usciamo muniti di smartphone, concediamoci un auto scatto e usiamo i filtri di Instagram per perfezionarle. Salviamole nel nostro archivio e riguardiamole a un paio d’ore di distanza: siamo proprio sicuri che anche la nostra immagine, filtrata dalla tecnologia, non risulti di una bellezza quasi impeccabile?
Per capire come usare efficacemente i social media bisogna imparare ad ascoltarsi, non solo quando qualcosa ci entusiasma o ci ispira, ma anche quando ci smuove sentimenti che – in un primo momento – possono sembrarci “negativi”.
Chi emerge con narrazioni coinvolgenti, di solito lo riesce a fare proprio perché sa ascoltare ciò che gli ruota intorno e ha imparato a interpretare le mappe narrative degli altri non come ostacoli ma come opportunità!
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