Twitter: Matteo Renzi non è Gianni Morandi
Il 6 gennaio, alle 2.14 Matteo Renzi twitta:
Di cosa sta parlando?
Si riferisce alle polemiche nate per via della norma che – in molti – hanno chiamato “Salva Silvio” forse?
Il tweet viene prontamente cancellato, ma in molti se ne accorgono e alcune delle persone menzionate nello stesso rispondono. Perché non è di politica, di riforma del fisco o di buona scuola che sta parlando Renzi, ma della partita Udinese -Roma che è stata giocata in giornata.
E non è nemmeno Renzi, a dirla tutta, che sta scrivendo, ma il suo collaboratore Franco Bellacci . Lo scopriamo grazie a una nota che arriva in serata da Palazzo Chigi che parla di “banale svista” come riporta l’Ansa:
Il messaggio sulla partita Udinese-Roma comparso questo pomeriggio sul profilo Twitter del presidente del Consiglio Matteo Renzi è in realtà di Franco Bellacci, suo collaboratore storico, che aveva davanti l’account aperto dal premier. Lo precisano fonti di Palazzo Chigi. L’episodio viene quindi definito soltanto “una banale svista”, che ha portato alla cancellazione del tweet.
E in effetti, per chi è avvezzo a questo mestiere come la sottoscritta, è molto chiaro quello che è accaduto: l’applicazione che permette di usare Twitter da smartphone è in grado di gestire molti account contemporaneamente e di notificare menzioni da tutti, contemporaneamente, sul telefono in cui si è loggati.
Probabilmente Bellacci, gestendo account diversi, nella confusione della giornata si è dimenticato di passare da un profilo all’altro per twittare e un pensiero personale è diventato la voce del Presidente del Consiglio.
Nulla di male; una svista davvero. Non fosse che a parlare è una delle maggiori cariche dello Stato.
Non fosse che Renzi – fin da quando è entrato in carica – ha voluto dare di sé un’immagine poco istituzionale di dialogo interpersonale con i cittadini e abbia fatto degli strumenti digitali uno dei pilastri di questo dialogo tanto da lanciare, in aprile, l’hashtag #matteorisponde in concomitanza della discussione sul reddito minimo di cittadinanza.
Il tipo di comunicazione che usa Renzi, poco istituzionale, diretta, mettendoci la faccia, è in grado di fomentare l’equivoco, ovvero che sia lui a gestire il proprio profilo.
Per chi questo lo fa di lavoro è ovvio che non può essere così: una gestione accurata dei propri profili digitali è impegnativa e a maggior ragione quando sei così popolare è – per l’appunto – un vero e proprio lavoro. Ma i cittadini che usano twitter non sempre lo sanno e scoprire che Matteo Renzi non è Gianni Morandi, che ha fatto della sua gestione personale della pagina Facebook un valore aggiunto tale da renderlo ancora più amato al pubblico è per alcuni una grossa delusione.
Gianni Morandi qualche mese fa lo ha scritto chiaramente – probabilmente indotto da qualche post “sospettoso” al riguardo:
Ma Gianni Morandi non riveste il ruolo istituzionale di Matteo Renzi e il tipo di comunicazione narrativa, di storytelling della propria quotidianità, è tutt’altro rispetto al tipo di comunicazione – necessariamente istituzionale – del Presidente del Consiglio.
Ecco però su cosa può farci riflettere il piccolo incidente occorso al Bellacci/Renzi:
- Twitter nasce per essere uno strumento flessibile: puoi aprire un account nominale, puoi aprire un account istituzionale. Da questa flessibilità può nascere l’equivoco. Se il mio account si chiama Matteo Renzi e in nessun luogo è specificato che la gestione avviene da parte di una redazione o di un social media manager, non è detto che io debba immaginarmelo per forza.
- Se rivesto un ruolo istituzionale, forse dovrei gestire la comunicazione e i contatti istituzionali con i cittadini attraverso un account istituzionale come quello dedicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri : forse si perde di voce informale ma è obbligatorio essere per forza informali, specie se si è il Presidente del Consiglio?
- Se apro un account personale, usando il mio nome e cognome e attraverso quello voglio veicolare informazioni e comunicazioni dirette con i cittadini, devo essere consapevole che sto alimentando un equivoco: o mi va bene (ma anche questo parla di me), o non mi va bene (e faccio di tutto per chiarire sempre chi sta scrivendo).
- Se – come è naturale che sia – mi trovo nella condizione di una gestione 50% e 50% (metà tempo riesco a gestire direttamente il mio account, l’altra metà del tempo lo gestisce un collaboratore fidato) forse dovrei inventarmi un sistema di disambiguazione, magari un hashtag (ad esempio: [#SMManager] che espliciti chi sta scrivendo in quel momento. La voce resta mia (si tratta comunque del mio account, ci mancherebbe che non sono io a pensarla in quel modo!) ma se a scrivere è concretamente qualcun altro lo faccio presente, in modo da evitare fraintendimenti.
- Forse bisognerebbe standardizzare una policy per gestire queste situazioni: penso ai tanti Sindaci, politici e tutti coloro che ricoprono cariche istituzionali. Bisognerebbe approntare una sorta di manifesto condiviso per la gestione dei social media in modo da rendere il più chiaro possibile chi dice cosa e come.
Basta poco e come scrive Franco Maria Fontana sul suo profilo twitter:
E tu avevi capito che dietro al profilo di Matteo Renzi ci fosse qualcun altro o pensavi twittasse lui?
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